ARTIGLIERE ANTONIO SPEDICATO
"Eroe di una guerra presto archiviata ma mai dimenticata"
24 dicembre 1942 , Antonio Spedicato, soldato del 34° Gruppo Artiglieria, viene catturato dalleF.F.A.A. Russe.
“Era la notte di Natale, una notte che nella vita non avrei mai più dimenticato... un soldato russo ci ordinò di arrenderci se non volevamo essere ammazzati all’istante…così alzai le braccia insieme agli altri e fummo catturati”
Il tragico racconto dell’artigliere Antonio Spedicato, inquadra immediatamente, senza giri di parole, l’ampiezza del dramma di quella terribile notte di Natale del 1942.
In poche righe viene brutalmente dipinto il momento della cattura che avrebbe, poi, dato inizio alla tremenda esperienza della prigionia.Un’esperienza fatta di ricordi che, come afferma lo stesso soldato “mi hanno accompagnato e tormentato per tutta la vita”. Per tale motivo, le pagine di questo libro non vogliono essere un trattato di storia, ma sono il frutto della viva testimonianza di un reduce della seconda guerra mondiale, raccolta dal figlio e concessa agli occhi delle nuove generazioni.
E’ una raccolta di momenti di vita, di esperienze vissute nell’ARMIR, l’armata italiana sul fronte russo, di quella che è stata definita “la campagna militare più sanguinosa della storia mondiale”, della quale però, quasi paradossalmente e inspiegabilmente, si rischia di perdere la memoria.La lettura dei ricordi di uno stralcio di esistenza ci mettono di fronte all’esperienza dura e sofferta di un uomo della nostra terra e ci offre un’attenta riflessione nell’intento di recuperare, per quanto possibile, l’orrore della quotidianità della guerra e della prigionia nel gulag di Novosbirsk. I dati storici, contenuti nell’opera, sono raccapriccianti: degli uomini che ebbero la sciagura di vivere nei campi di detenzione russi, soltanto il 10% fece ritorno a casa.L’artigliere Antonio Spedicato racconta una storia agghiacciante, intrisa, tuttavia, di dignità, di calore, di onestà.Dalle sue riflessioni emerge un mondo ricco di umanità, di nobili valori, quali il rispetto della dignità dell’uomo, della non violenza, della non sopraffazione.
Il soldato Antonio Spedicato, con la sua rievocazione di patimenti, sofferenze, paure, oltraggi e umiliazioni nei campi di inumanità, suscita nel lettore “il dovere di conoscere per riflettere, di conoscere per riconoscere e non ripetere l’errore, di conoscere per non dimenticare”:
Con un linguaggio semplice ma, nello stesso tempo, chiaro e preciso, si compone il quadro di una storia agghiacciante da cui emerge una galleria di immagini, non solo dei tragici avvenimenti bellici, ma anche delle emozioni, delle storie personali e umane, dei tanti “anonimi” che in terra di Russia combatterono e morirono.
Di conseguenza, da queste pagine ricche di particolari autobiografici e, nello stesso tempo, storici, emerge vibrante un richiamo a tenere vivo il ricordo di un evento tanto significativo della nostra storia nazionale.
Personalmente, devo constatare che la lettura di queste memorie si è rivelata una profonda, coinvolgente ed emozionante esperienza dal punto di vista umano ed emotivo. E’ stato come spalancare un sipario sulla scena del tempo ed essere calati brutalmente dentro il perimetro del terribile dramma vissuto dai nostri militari durante la guerra e la prigionia. Le immani sofferenze fisiche e mentali, l’attanagliante angoscia per la quotidiana convivenza con la morte, l’insopportabile stillicidio dell’incertezza del domani, portano inevitabilmente a delle attente riflessioni sui drammatici eventi che segnarono la vita di migliaia e migliaia di uomini dell’ARMIR e delle loro famiglie.
Nell’ultima parte dell’opera sono presenti anche ricordi di vita di Maria Spagnolo che, successivamente diventerà la sposa del nostro soldato. Anche la sua è una preziosa testimonianza sulle condizioni di vita di chi non era al fronte, ma che, in modo diverso, viveva di riflesso le conseguenze del conflitto. Estremamente interessanti sono, poi, le informazioni e le notizie sui modi di vivere e le abitudini che riguardano l’arco di tempo del periodo bellico.
E’ un crudo spaccato sulle condizioni di un’esistenza non solo segnata da una notevole povertà e miseria (la carne solo a Natale e a Pasqua…un uovo diviso per tutta la famiglia), ma anche da uno stile di vita improntato all’ideologia fascista.
Risultano notevolmente preziose anche le informazioni che riguardano la scuola, i giochi del tempo, luoghi del paese che, naturalmente hanno subito radicali cambiamenti. Si può dire che ci si trova in una galleria di immagini, di fotogrammi, di istantanee in cui il protagonista è sempre l’essere umano con le sue emozioni, mai un essere astratto e lontano da noi.
Mi sembra inevitabile concludere questi pochi pensieri ricordando Primo Levi, anche lui un internato in un campo di concentramento, le cui parole rappresentano una sorta di testamento spirituale: “La memoria è necessaria, dobbiamo ricordare perché le cose che si dimenticano possono ritornare”. Ma è altrettanto significativa la scelta dell’autore di chiudere l’opera con una riflessione di Giovanni Paolo II, in occasione del 50° anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale in Europa, in cui si sente quasi l’eco della sua voce possente: “Mai più la guerra…mai più la guerra”.
Sono parole che, inevitabilmente, ci mettono davanti alla nostra coscienza e ci portano alla memoria il discorso di Paolo VI: “La pace è il dovere della storia presente. Chi sa riflettere nel passato, subito conclude che è assurdo un ritorno alle guerre, alle lotte, alle stragi alle rovine generate dalla psicologia delle armi…
La pace bisogna volerla, la pace bisogna amarla, la pace bisogna produrla”.
Mi è stato utile leggere questo libro, che , alla fine, non è stato solo tale, ma è risultato un contenitore, di insegnamenti, di emozioni, di gioie, di lacrime, di vite spezzate, di vite rinate.
Al centro, la figura del soldato Antonio Spedicato, dell’uomo in terra di Russia, a migliaia di chilometri dalla sua Monteroni, dato per disperso, ma miracolosamente restituito dalla gelida steppa sovietica, che ci fa dono non di una vita eclatante o famosa, ma delle sue memorie e dei suoi valori che, sicuramente, resisteranno più a lungo di un patrimonio economico.
Prof.ssa Luigina Zecca Macchia